opere di Giuseppe Varaldo
Penelope
Alleata fida è la tela (tessi da diva!) e t'esautora. Se la turba ride
sotto i baffi, rida: la mai domita reina - mero malanimo - desìa
miracolo, se l'augura. Fottuti vedovi, voraci e laidi, e bacati,
usati, videro idre, Venere, Sodoma, acne... lei: razza beata, male
decàdi! Per tali dessi -lui dov'è? - sol odio porta, e dice: "Delitto
sia!: morte, vario male, Marte". Regge la donna o crolla? È lei
fenice: di parole godibili - da dir anonime, tacite e retro -, folle
boutade (issòpo ùsale, e crema citrata), causa età, lena e tatto non
n'oserà, l'oserà di rado; ma la tela- è diutina mirabile trama - eluse
i Proci: è recidiva. Più ignava, se pei Proci n'avesse tema, lei
vivrebbe. S'irò l'Odisseo - troppo sopportò -: essi dolori s'ebber
vivi, e lame tessevan i corpi, e pesavan giù i pavidi cerei corpi;
esule, a Marte liba!: rimani tu. Ideale talamo, da ridare solare
sonno, nottate anelate, a sua catartica mercé è là, suo: possieda tu,
o bello, forte re, etica Temi non arida di libido. Gelo rapì decine -
fiele! - all'Orco; annoda leggere trame la Moira - vetro mai sottile!
-: decide Atropo, idolo sevo. Di Ulisse, di là, trepida cede l'amata:
è bazza! Rielenca a modo serene verdi ore di vita su Itaca, bei dì: a
lei caro, vivo, devi tutto far uguale: solo cari, mai - se domina
l'amore - manierati modi; amala di riffa, biotto: se dirà brutale:
"sarò tua", sete avida dissétale. Taléa di fata, ella!